Recensioni

VITE CONTRO VENTO

La consulenza filosofica individuale

Libro di Nicoletta Poli, IPOC Milano 2012, pp. 234, € 18,00

 

Recensione di Moreno Montanari

 

RATIO, ETHOS E PATHOS….

 

Finalmente un libro che non si limita a proclamare che cosa la consulenza filosofica dovrebbe essere ma ce ne offre una meticolosa, appassionata ed ispirata, testimonianza descrivendo innanzitutto l’orizzonte  di valori e di riferimenti, non solo filosofici, dell’autrice - Nicoletta Poli, consulente filosofica,  presidente di AICOFI (Associazione Italiana Consulenza Filosofica) e direttrice della Scuola Parresia per la formazione di consulenti filosofici di Bologna - poi le caratteristiche del suo approccio consulenzial-filosofico. Il tutto non per dire a quali filosofi la consulenza debba ispirarsi o su quali correnti filosofiche debba fondarsi, né per decretare come questa debba intendersi e svolgersi in generale, ma per mostrare il modo in cui l’autrice l’intende e la pratica, sulla scia di un puntuale confronto con la letteratura specialistica internazionale e in relazione al proprio back ground filosofico. Il libro c’introduce infatti, com’è naturale, a conoscere e sondare il suo punto di vista sulla consulenza filosofica, la sua proposta operativa, espressione della sua sensibilità, della sua, ricca e sempre aperta, vicenda di formazione, propria delle sue personali tonalità emotive, della sua visione del mondo e via dicendo, com’è inevitabilmente, e per fortuna, per ciascuno di noi.

L’autrice è del resto tra quanti ritengono che della consulenza filosofica non si possa dare una definizione esaustiva, che sia “interamente adeguata e universalmente condivisa” (p. 216). Per questo “si limita”  a delineare l’ambito al quale si riferisce - la vita delle singole persone – e le finalità verso le quali mediamente si muove: la promozione di una maggiore consapevolezza e autonomia di pensiero dell’ospite; la capace di avere “concreti effetti pratici sulla vita” (p. 217) senza scadere mai nel problem solving; il miglioramento della capacità di autoindagine filosofica del consultante secondo modalità che si discostino dalle categorie psicologiche proprie di un pensiero che si ripiega esclusivamente sul soggetto. La consulenza filosofica si caratterizza, al contrario, come un processo riflessivo “in cui la persona va oltre proprie preoccupazioni egocentrice e il proprio particulare, per aprirsi alla comprensione delle basi del nostro essere” (p. 224), con tonalità prevalentemente etiche. Un processo di consapevolezza che, potremmo dire, parte necessariamente da sé ma senza avere se stessi né come fine né come principale orizzonte. Un percorso il cui obiettivo “non è la verità ma la profondità e l’ampiezza dei ragionamenti” (p. 113), che, sottraendosi alla dittatura del principio di prestazione e del pensiero della tecnica, considera preziosa e di fondamentale importanza “l’immaginazione filosofica” (p. 111), guarda, con Wittgenstein, alla filosofia, come ad “un lavoro su se stessi, sul proprio modo di pensare, sul proprio modo di vedere le cose e su ciò che ci aspettiamo da esse” (p. 87), indaga e promuove la congruenza tra pensieri, valori e azioni (p. 78) nella convinzione che “le persone possano cambiare la loro vita modificando i propri atteggiamenti” (p. 56), previa una “migliore comprensione della loro visione del mondo” (Lahav, cit. p. 24).

Una tesi centrale della proposta consulenzial-filosofica di Nicoletta Poli è infatti che “consulente e consultante” siano, insieme, “filosofi della trasformazione, del mutamento” (p. 39) perché sebbene “non è il fine intenzionale della consulenza filosofica quello di cambiare le persone, di sicuro, la filosofia è uno straordinario strumento che non lascia mai le persone immutate” (p. 68). Naturalmente la direzione di tale trasformazione non è ancorata ad uno specifico ed impersonale  modello di riferimento da raggiungere né è mai del tutto prevedibile; tuttavia il suo orizzonte ideale è chiaramente quello di una maggiore “saggezza”, intesa soprattutto come capacità di orientarsi in maniera più autentica e strutturata nel proprio pensiero, di esaminare filosoficamente la propria vita, di imparare ad affrontare, il che non significa necessariamente risolvere, i problemi del proprio stare al mondo, ma anche di ridimensionarli inserendoli, e inserendosi, in una prospettiva più vasta che sappia andare “oltre le proprie preoccupazioni egocentriche e i propri interessi particolari”  (p. 42), per muoversi nella direzione di quella che Achenbach ha chiamato “capacità di saper vivere” (p. 10).

Il consulente filosofico si farà facilitatore di questi potenziali processi utilizzando “ratio, ethos e pathos” (p. 14), esercitando personalmente “a)  la messa in atto di una costante ed estrema apertura mentale e di una flessibilità” b)il riferimento persistente al corpus della tradizione filosofica; la consapevolezza che la consulenza filosofica non curi, non sia una terapia, ma sostenga la persona in un rapporto di cura di sé e della sua visione del mondo; la convinzione che il filosofo consulente dialoghi in maniera paritetica con la persona che considera un essere libero di pensare; e) la convinzione che la consulenza filosofica debba sostenere la persona in un percorso attraverso cui riacquisti fiducia in Sé, nel mondo, luogo in cui si riscopre parte attiva”. (p. 37). Capace di empatia, il filosofo consulente si renderà tuttavia protagonista di un “dialogo esigente” (P. Cattorini, cit. a p. 41) che l’autrice presenta a volte, sulla scia di Platone e della ripresa che ne fa Casentino, come un processo di uscita dalla propria “caverna” che il consulente filosofo, tuttavia, si limiterà a chiarificare, “autosospendensosi dall’additarne la via d’uscita” (p. 30) Tale compito, com’è noto, spetta infatti esclusivamente al consultante. Il filosofo consulente aiuterà piuttosto il consultante a capire a che punto del percorso si trovi, ad “orientarsi in mare aperto” (p. 51) promovendo in lui un processo di consapevolezza che possa condurlo a capire meglio verso quale destinazione intende muoversi perché “non esiste vento favorevole per chi non sa verso quale porto andare” (citazione attribuita a Seneca e citata a p. 51).

Ma questa, in un’estrema sintesi che naturalmente non ne rende pienamente giustizia, è solo metà dell’opera dell’autrice che, per l’altra metà, consta di una narrazione, in un caso piuttosto dettagliata in altri, per ovvi motivi, più sintetica, di alcuni suoi casi di consulenza filosofica.

Una parte, questa, ancora più interessante per chi voglia avvicinarsi a questa pratica ma anche per quanti già da tempo la praticano. I metodi ei presupposti della proposta consulenziale dell’autrice possono così essere colti con chiarezza. E anche in questo caso la sensibilità e le modalità filosofiche di questa particolare proposta potrebbero certo divergere da quelle di altri ma, ancora una volta, questo - per me - testimonia della ricchezza, della vitalità e dell’enorme potenzialità di questa pratica che inevitabilmente risente della formazione e della concezione di filosofia e di consulenza filosofica di ciascun operatore.

Non fatico ad immaginare che qualcuno possa considerare – non è il mio caso - le consulenze sintetizzate da Nicoletta Poli come troppo strutturate, eccessivamente ricche di riferimenti a filosofi, aperte ad accogliere concetti psicologici (quello di “attaccamento”, ad esempio p. 103) e a riconoscere alcuni parziali tratti di affinità rispetto al setting con le psicoterapie umanistiche (p. 114) e persino troppo direttive. Dipende, ribadisco, dalla visione che ciascuno di noi ha della consulenza filosofica. Per me è una falsa questione. Si tratta di testimonianze di una professionista che sa bene come intende procedere, sa dimostrarsi flessibile, capace di accoglienza e sensibilità sia rispetto ai valori che rispetto ai tempi dei suoi interlocutori, opera con il consultante per facilitarne la promozione di una maggiore consapevolezza e “saggezza” e di dimostra capace di guida, nel senso indiretto che abbiamo chiarito prima. La sua testimonianza è un utile documento dal quale si possono imparare procedure e modalità, che può essere utile per chiarire meglio - fosse anche per contrapposizione- le specificità del proprio approccio procedurale di consulenza filosofica che non deve ambire ad essere necessariamente innovativo, inedito o differente dagli altri ma che non può rinunciare ad essere espressione profonda del proprio modo di essere e del proprio percorso di formazione – filosofico e consulenzial-filosofico.

Vite controvento non sono quelle che si muovono in direzione ostinata e contraria per protagonismo ma quelle che rinunciano a lasciarsi trasportare dalle vele del conformismo e dell’inerzia, per non desistere dall’assumere personalmente la guida, per quanto è in nostro potere, della loro esistenza.