Piccoli suicidi tra amici

 

 

“Il suicida vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate”.

(A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, par 69, 1818.)

 

 

 

“Piccoli suicidi tra amici” è un romanzo dello scrittore finlandese Arto Paasilinna, edito da Iperborea.

 

Come preannuncia il titolo la storia narrata affronta un tema estremamente ostico ma con leggerezza e ironia. Il romanzo si apre infatti con un proverbio: “In questa vita la cosa più seria è la morte; ma neanche quella più di tanto.”

 

Il tema affrontato è principalmente la solitudine, quella disperazione che porta a maturare il gesto estremo del suicidio e che viene in particolare da una vita monotona, vissuta al confine con quella noia che può diventare facilmente stanchezza del vivere.

“Il più formidabile nemico dei finlandesi” si legge nell’incipit del libro “è la malinconia, l’introversione, una sconfinata apatia”.

 

La storia comincia con Onni Rellonen imprenditore fallito che decide di tentare il suicidio per porre fine a quel suo “vivacchiare privo di senso”. La sua voglia di vivere s’era esaurita da tempo e la depressione lo aveva portato a pensieri autodistruttivi. Per commettere il gesto sceglie un luogo tranquillo, un vecchio fienile appartato, ma il posto è già occupato dal colonnello Hermanni Kemppainen, che per lo spavento dell'arrivo di Onni scivola con il cappio al collo. Fortunatamente il nuovo venuto gli salva la vita e i due passano molto tempo parlando del proposito comune, trovando conforto l'un l'altro.

 

Nel racconto la disperazione da cui ha origine l’infelice gesto rende l’aspirante suicida solo, alienato, parte di un mondo a sé. Ma ecco che se il destino fa sì che il luogo e il momento eletti per l’infelice gesto siano stati incredibilmente scelti anche da un altro essere solo, disperato e alienato tutte le prospettive cambiano di colpo ci si rende conto che non si è poi così lontani dalla realtà o che, per lo meno, esiste un altro piccolo mondo e che questi due mondi, uniti fra loro, possono spazzar via quell’agghiacciante solitudine che precede il momento della morte.

 

Alla fine della vicenda infatti il colonnello Kempainnen ammette commosso che adesso aveva trovato un amico vero, qualcuno di cui fidarsi. Non era più solo come lo era prima.

 

I due decidono di rimandare il suicidio almeno fino all’indomani, o magari l’avrebbero fatta finita la settimana dopo o in autunno. La vita d’ora in poi sarebbe stata in un certo senso gratuita, come avuta in dono, un di più. La si poteva utilizzare a proprio piacimento.

I due sopravvissuti, nel loro spingersi fino alla soglia della morte, comprendono cosa vuol dire l’inizio di una nuova vita. “I due compari constatarono filosoficamente” si legge “che ogni giorno è per ciascuno sempre il primo della vita che gli resta da vivere, anche se siamo troppo occupati per rendercene conto”.

 

Di qui nasce la decisione di cercare altri suicidandi per trovare conforto, sollievo e compagnia o, nella peggiore delle ipotesi, mettere in atto un suicidio di massa che, se non altro, conferisca un po’ di solennità ed eleganza alla fine delle loro vite patetiche.

Sommersi dalle risposte disperate a un loro annuncio su un giornale, Onni Rellonen e il colonnello organizzano un seminario segreto per aspiranti suicidi che porterà a fondare la “Libera Associazione Morituri Anonimi”, un gruppo eterogeneo di trentatré persone che hanno tracciato un bilancio fallimentare della propria vita per vari motivi, dalla miseria alla solitudine, dal disagio sociale alla perdita di ogni sogno.

 

I Morituri Anonimi decidono di intraprendere un viaggio tutti insieme sulla Saetta della Morte, un lussuoso pullman dotato di ogni confort, alla ricerca del luogo giusto per un suicidio collettivo.

Il gruppo di disperati, carichi dei loro problemi esistenziali, si dirige verso Capo Nord dove l'intenzione è quella di buttarsi da un dirupo direttamente nelle gelide acque dell'Artico. Il viaggio però prosegue verso le Alpi Svizzere per arrivare fino al Portogallo e si fa a ogni tappa sempre più avventuroso.

 

Durante il viaggio i rapporti nel gruppo si trasformano: nascono amicizie, solidarietà, nuovi amori; e i propositi suicidi cambiano. Man mano che il pullman scende verso sud, dai fiordi del Mar Glaciale Artico alle cime delle Alpi Svizzere e poi alle spiagge atlantiche del Portogallo, la volontà della compagnia diventa sempre più debole e la fine, dapprima tanto desiderata, viene continuamente rimandata nella ricerca di un luogo migliore dove compiere la cerimonia. Così, di rimando in rimando, la coerenza dei soci del club finisce con lo scemare senza rimedio e ciascuno si rende conto di aver perso per strada le motivazioni che facevano apparire il suicidio come l’unica, estrema soluzione.

 

Non è un caso che ad un certo punto del viaggio si aggiunga alla compagnia Seppo Sorjonen un tipo allegro e spiritoso che tiene alto il morale del gruppo. Seppo è in realtà un finto suicida che viene attirato dalla strana comitiva. Le serate e i lunghi viaggi in corriera del gruppo sono allietati dai suoi aneddoti e dai suoi racconti commoventi. Certo la sua leggerezza in qualche modo stona con gli umori degli altri, tanto da meritarsi il soprannome di "guastatriboli". La sua affermazione però che “la mera esistenza della sauna finlandese fa sì che nessun finlandese abbia diritto a suicidarsi” diventa una sorta di manifesto, il segnale che la spedizione si sta trasformando in un’occasione per riscoprire il piacere delle piccole cose.

 

Il viaggio attraverso l’Europa dei Morituri Anonimi è in realtà un viaggio attraverso i drammi personali di ognuno. La via scelta dall’autore non è quella dell'analisi introspettiva dei personaggi e delle loro motivazioni.

Gli aspiranti suicidi non sono criticati o giudicati per il loro intento ma piuttosto presi affettuosamente in giro e lentamente condotti verso una maggiore coscienza di sé e della voglia di vivere in loro sopita, ma mai estinta.

La Saetta della Morte, come un’Arca di Noè, li traghetta lontano dal diluvio delle loro paure e fuori dalle costrizioni e sovrastrutture delle loro vite facendoli approdare nel mondo di una nuova esistenza, fatta di una felicità senza pretese smisurate.

 

Questo nuovo approdo darà al ritorno in patria di ciascuno lo slancio della scelta non subìta passivamente.

 

Il romanzo si conclude con l’esito della storia di Ula San Lismanki, vecchio Lappone allevatore di renne.

Ula è l’unico che decide di non tornare; decide di rimanere in Portogallo a fare il pescatore e di imparare la lingua dei pescatori Lusitani.

Nelle ultime due righe si legge:

“Il suo nome era adesso Ulvao Sao Lismanque. Che vuol dire Ula San Lismanki”.

Scegliendo di essere Ulvao, Ula sceglie di cambiare vita ma non sostanzialmente identità.

Perché può succedere che il destino ci sorprenda mostrandoci la possibilità di essere finalmente noi stessi proprio grazie a una vita diversa, lontana da qualsiasi possibile immaginazione.

 

Questo romanzo di Paasillina risulta un racconto leggero e scanzonato, ma anche tenue e delicato, sulla ricerca forsennata della morte e sulla scoperta naturale della vita.

L’intreccio dei personaggi mostra l’esistenza così com’è: per quanto sciatta mai priva di senso.

Quando i motivi validi per cercare la morte si fanno numerosi ed incalzanti, la vita, nella sua semplicità che è anche la sua forza più inarrestabile e resiliente, è pronta a sopraffarci e a prendere il sopravvento: basta poco per ritrovare il gusto degli altri, basta poco per infrangere le gabbie in cui le circostanze, a volte, sembrano intrappolare e incanalare l'esistenza.

 

La storia dei Morituri Anonimi verso il limite ci ricorda che la vita può sorprenderci nei momenti e nei modi più inaspettati e ci mostra che è proprio dalle piccole cose che l’esistenza può essere sostenuta; perché è a partire da esse che, quasi inconsapevolmente, ci si riappropria del piacere di vivere.