Poesie per un dialogo
Viaggio ritrovato
Ho condiviso
quel fragile sapore d’innocenza,
da lontano,
si addormentavano le mie verità,
avvolte nel rapido viaggio ritrovato.
Per caso,
a riscoprire radici,
guadagnando il tempo,
e quel germoglio preferito,
era confidenziale,
di fronte ad un timido cuore,
che sobbalzava
di stranezze.
Quando verrà la mia primavera,
riguarderò l’ombra
del mio viso,
con curiosità
a ricucire le giornate.
Preferisco la chiarezza delle parole,
ululanti in questi paesaggi
transitori,
a lievitare
l’immaginazione,
ognuno con i suoi gesti ritrovati,
agguantati,
ad identificare sogni,
nella certezza
di un miracolo.
Ho voluto chiudere con una delle nuove poesie che ho scritto .”Viaggio ritrovato”. Mai, come in questo momento, la nostra società ha bisogno di ritrovarsi, percorrendo un viaggio già conosciuto e ora dobbiamo diffondere la nostra eredità interiore, senza pregiudizi. Non bisogna ricadere in discorsi provocatori o amorfi, ma andare avanti con consapevolezza e sincerità : “ognuno con i suoi gesti ritrovati, agguantati, ad identificare sogni, nella certezza di un miracolo.”…Io ci credo, provate a crederci anche voi!
Fuori stagione
Sono sopra la città
con questa pioggia battente
sospeso,
tra le vetrate sporche
ad indossare
la sera.
Aspetto di decifrare
il mio percorso
contro la spavalderia
del tempo
che abbatte inesorabile
le stagioni.
E poi ignora il ritmo
sferzante implacabile
le gocce che
si legano al vento.
Ho acceso il mio silenzio
pronto ad un’altra battaglia;
così superba è la vita
che spezza le ali,
ma ora ricomincio
oltre l’incantesimo del giorno
con questo brivido
che sale.
Attraverso un nitido vetro
Sanno solo di tempo
le immagini inquiete
sovrapposte
ad un sentiero nebbioso,
ugualmente lucenti
a respirare l’alba
dolcemente attesa.
Ma il giorno
rivuole allegria,
come un gioco
ribalza sulla finestra
offrendo nuovi pezzi di sole.
Non cercavo soluzioni assolute
ad un passo dal traguardo.
Fosse questo giorno
a ravvivare
l’ansiosa voglia
che a volte mi opprime
divorando un infernale ricordo.
Avrei travolto l’arcobaleno
coi colori d’un lampo,
accarezzato scomposto
un cuore spezzato
da un misero abbraccio.
Non è questo vuoto
che mi spaventa,
è la maschera
che nella luce mi attende.
Appartengo ai tuoi occhi
alla libertà della notte
guardo
attraverso un nitido vetro,
lontano
c’è ancora mare aperto.
Sonno
Dormi
nella stanza
e il tuo sonno
finisce per emozionarmi.
Questa luce della lampada
accende
un regno,
lungamente pensato
dentro l’estate,
e avanza
un sottile percorso
come un viaggio graffiato.
Si sofferma
e si tuffa nel mare segreto,
più forte
del sonno rugoso.
Come un gioco,
vivo tra le pieghe
inviolate del sogno
oltre le nebbie mattutine
a liberarmi.
Quel che deve venire
Neppure pensavo
alla padronanza dell’ignoto,
alle meschinerie di corte
quando
introdurmi nel ricordo era pena
e il pullulare strano
delle voci
nessuna mano
solo cadenza
di suoni.
Non mi appartiene
questo mondo di vuoti accesi
dal fastidioso amaro sulla bocca
quando la parola era spenta.
Sopravviva la poesia …
l’inconsapevole sovrappiù
i passi del linguaggio
la guerra delle ombre.
Quale viaggio! / quale tempo!
Quel che deve venire/ non può fermarsi
nel ricordo/ di un carillon.