La ripresa dei dialoghi interrotti



Ancora uno strappo da aggiungere ai tanti, come ieri e ieri l’altro e l’altro ancora.

Si fa un po’ di strada insieme e poi ci si lascia, e lo si fa perché si smette di essere l’altro, di vedersi nell’altro, di pensarsi l’altro, di viversi nell’altro.

Il tempo impone a tutti la solitudine, e quando questo avviene bisogna raccogliere le proprie cose ed andarsene soli, lasciando chi si abbandona spoglio delle nostre proiezioni, dei nostri pensieri ed i nostri progetti di condivisione.

Non è difficile capire perché ciò avvenga: non si nasce soli, perché per diversi mesi ci si pensa tutt’uno con la madre (e questo vorrà pur dire qualcosa?), ma poi ci si deve staccare da lei e camminare sulle proprie gambe.

Fare un pezzo di strada insieme a qualcuno incontrato per strada da adulti, pensandosi affini, e perciò adatti a fare cose insieme, è come prendere di nuovo per mano la propria madre ed andare insieme incontro al mondo. In due, per certi versi, è meglio, perché è come essere allo specchio, alla toeletta del mattino: ci si riconosce nell’altro come nel se stesso del giorno prima, quello incontrato allo specchio alla stessa ora, ma con un giorno in meno di vita alle spalle.

Un giorno di vita per un uomo è tanto. In un giorno, spesso, riaffiora il vissuto di una vita, ed è in questo modo che si afferma il bisogno di avere compagnia, di riconoscersi in qualcuno affine, per avviare un dialogo che non sia un monologo, perché il passato ritorni in circolo e si riprendano i discorsi interrotti, quelli fatti una volta, e poi abbandonati per mancanza di elementi sufficienti a completarli.

Ogni giorno di una vita porta risposte sempre nuove, ed è per questo che, a volte, s’incontrano per strada persone con le quali quei discorsi interrotti potrebbero essere ripresi, condotti a sviluppo, e a nuove conclusioni.

Forse è per questo che, ad un certo punto, ci si lascia, così come ci si era incontrati: evidentemente il discorso interrotto in passato, e poi ripreso e concluso, ha portato di nuovo al bisogno di ricercarsi in altro e da soli, ed è così che, allora, ci si reimpossessa delle proprie cose e ci si separa; non è un abbandono, ma solo la necessità di riprendere il contatto con altri dialoghi interrotti, ma, per farlo, così com’è accaduto prima, bisogna trovare per strada qualcuno di affine a noi ed al nostro vissuto attuale per ripetere lo stesso meccanismo che porta alla proiezione di sé sull’altro, dopo l’incontro, per poi, ancora una volta, e per le stesse ragioni, lasciarlo e cercare un’altra mano-simulacro di madre, per riprendere un altro dialogo interrotto e cercarsi in tante altre strade del mondo.

L’incontro con l’altro non è solo l’incontro con se stessi, ma anche con lui e con i suoi dialoghi interrotti, con il suo vissuto altrove, perché, com’è naturale che sia, “abbiamo giocato bambini sotto cieli diversi”, e ne abbiamo memorie distinte, ma, evidentemente, ci sono ancora domande comuni a cui dare risposte: non la stessa risposta, ma risposte individuali espresse nel dialogo e nel confronto permesso dal riconoscimento di una parte di sè nell’altro, perché investirsi a vicenda con le proprie proiezioni sentimentali non si avrebbe abbastanza fiducia per credere fino in fondo a quello che si dice e a quello che si ascolta.

Il distacco avviene quando alla fiducia subentra il sospetto, la convinzione che nel pensiero dell’altro abbia iniziato ad albergare l’inganno, il calcolo che porta oltre i limiti del consentito quell’amicizia e quel dialogo, sfruttando la mancanza di difesa da parte dell’altro, per impossessarsi di pensieri che vanno oltre la risposta cercata, e già ricevuta.

Protrarre il dialogo un solo minuto di più sarebbe un parlare da Jago, cioè avere un progetto d’inganno in testa e un fine predatorio: l’intento celato di scrutare il privato di un altro senza più averne il permesso.

 

Le vie della solitudine portano ad altri dialoghi interiori e ad altre domande da trovare in nuovi confronti, con persone che abbiano memoria della mano che teneva la loro, in passato, con spirito limpido e affetto sincero.